Fermare il declino economico d’Italia = finirla con l’assurdità del pareggio di bilancio; allora? sosteniamo il referendum!

Cambiare i quattro punti della legge 243/2012 che nel 2012 ha introdotto il pareggio di bilancio, significa ridurre un rigore che strangola la nostra economia e toglie prospettiva allo sviluppo d’Italia, nonché rivendicare diritto di difesa dell’interesse nazionale rispetto alle politiche economiche e finanziarie Ue. In questi anni l’unico effetto della riduzione della spesa nella spasmodica rincorsa al pareggio di bilancio sono stati i tagli allo stato sociale e alle pensioni (la devastante riforma Fornero, che non solo non ha dato alcuna spinta all’occupazione giovanile, ma ha condotto in condizioni di povertà assoluta circa il 16% della popolazione italiana. I dati Istat  2013 e le proiezioni 2014  sui consumi, in decrescita ininterrotta, denunciano senza possibilità di equivoco che senza “domanda”  non c’è sviluppo e che solo questo è stato il risultato delle attuali politiche di “austerity”.

Insomma, oggi, con quasi metà delle pensioni che sono sotto i 1.000 euro mensili, con la cassa integrazione cresciuta in modo esponenziale, con un tasso record di disoccupazione, i quale uscita dalla crisi vaneggia il governo e i Partiti che lo sostengono?
Devono cambiare le politiche Ue, o è l’Italia che deve rifiutarle, per avere le risorse per fare investimenti e creare lavoro, superando i vincoli assurdi del 3% di deficit-Pil e anche quello del 6% del surplus della bilancia commerciale. Uno Stato che ha un buon governo sa usare l’indebitamento buono per investire e sviluppare il territorio e i servizi al cittadino. C’è un debito che in prospettiva permette di recuperare crescita e sviluppo, attraverso, ad esempio, l’ammodernamento delle infrastrutture.
Noi della Destra Sociale non vogliamo vedere l’Italia ridotta la livello della Grecia, dove non funziona più la sanità pubblica e addirittura si è abbassata l’età media di vita delle persone da quando sono state applicate le politiche di rigore che l’UE ha imposto.
In questo quadro il referendum mira ad allentare i vincoli derivanti dal fiscal compact (margini del saldo strutturale, obiettivo di medio termine, meccanismi di correzione automatica etc.) e a rimettere in seria discussione  l’autonomia delle nostre istituzioni, della nostra economia, della nostra “diversa” partecipazione all’UE e sulle scelte che hanno vincolato il nostro  Paese all’Unione economica e monetaria, cioè al modello di costruzione europea che si è concretato da Maastricht in poi.
Bankitalia stima per il 2014 una crescita vicina allo zero (0,2%), meno delle recenti stime dell’Istat (+0,6%), meno dell’immaginato 0,8% contenuto nel Documento di Economia e Finanza (Def) del governo “mitomaniaco” di Renzi.
Finirla con le politiche di austerity, per fermare la corsa della crisi; per fermare il declino della nostra Italia.
FIRMIAMO PER LA PRESENTAZIONE DEL REFERENDUM ENTRO IL 30 SETTEMBRE (cfr. www.referendumstopausterita.it)

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